• Home
  • Publications
    • Books
    • Essays & Chapters
    • Books Reviews
    • Other Publications
  • Teachings & Seminars
  • Media
    • International Op-Ed
    • Media Interviews
    • L'Indro
  • Blog
Andrea Beccaro

La Psicologia delle folle ai tempi di Facebook

1/25/2019

0 Comments

 
Sto leggendo il testo di Giubilei, Storia del pensiero conservatore. Dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri e nel capitolo sul conservatorismo in Francia mi sono imbattuto nel paragrafo dedicato a Gustave Le Bon (1841-1931) e al suo Psicologia delle folle. Ho così scoperto che il testo è stato ripubblicato negli ultimi anni il che mi ha fatto piacere perché mi ha riportato alla mente i tempi da studente universitario. Nell’anno accademico 2000/2001, infatti, partecipai a un seminario del prof. Tuccari su masse e totalitarismi e come mio intervento portai proprio il testo di Le Bon che però all’epoca era introvabile e quindi mi affidai a una polverosa edizione della biblioteca dell’università. Sapere che il testo è invece ora disponibile sul mercato mi ha fatto tornare la voglia di rileggerlo e di andare a cercare i vecchi appunti (trovati!) su un libro che all’epoca reputai un classico e un passaggio obbligato per capire sì il comportamento delle masse, ma soprattutto la politica del XX e anche del XXI secolo (si pensi a come sia semplice influenzare masse di utenti sui social network tanto per capirsi).
Gustave Le Bon, che pubblica il libro nel 1895, riconosce che si stia entrando in un’epoca diversa dalle precedenti in cui le masse giocheranno un ruolo cruciale e sostiene che in futuro la potenza delle folle influenzerà i destini delle nazioni (si pensi ai vari totalitarismi del XX secolo). Individua inoltre dei caratteri specifici delle folle che per loro natura sono un qualcosa di diverso dalla semplice somma degli individui che le compongono. Ovvero le folle una volte formatesi costituiscono una sorta di “individuo” a se stante con proprie caratteristiche e una propria psicologia.
Un primo elemento distintivo delle folle è il sentimento di potenza: grazie al numero l’individuo acquista un sentimento di potenza che singolarmente non avrebbe e di conseguenza perde il suo senso di responsabilità che invece ha come persona. Nasce una sorta di certezza dell’impunità che spinge ad avere sentimenti sempre più violenti e scollegati dalla realtà. In questo contesto si pensi ai cosiddetti “leoni da tastiera”, ovvero quelle persone che si lasciano andare ai più terribili insulti sui social, ma che poi se ripresi singolarmente ritrattano. Un secondo elemento è il contagio mentale, ovvero all’interno della folla si sacrifica l’interesse personale per seguire i desiderata della folla. Infine, Le Bon riscontra come le folle siano fortemente suggestionabili.
L’individuo all’interno della folla diventa quindi un qualcosa di diverso perché si annulla la sua personalità cosciente, mentre emerge la sua personalità incosciente; i suoi sentimenti vengono diretti in un unico senso, che è quello della folla; infine, vi è una immediata applicazione delle idee, ovvero si perde quel processo razionale di valutazione delle azioni che invece un individuo razionale compirebbe.
Per Le Bon quindi le folle sono schiave degli impulsi e sono estremamente mutevoli nelle loro idee il che le rende anche molto difficili da controllare, anche perché si innesca un meccanismo all’interno della folla per cui l’ignorante ha lo stesso valore dell’intelligente (si pensi alle follie antivax o delle scie chimiche) per cui ciò che l’individuo dentro una folla vede non è il vero oggetto ma l’immagine evocata di quell’oggetto.
Sono due i caratteri delle folle che ne spiegano anche la diffusione oggi e come sia facile spingere le folle verso gli estremi: la semplicità e l’esagerazione. Questi sentimenti di semplicità poi chiariscono anche il perché le folle accettino o respingano in blocco determinate idee, ne consegue che le folle siano per loro natura intolleranti e autoritarie. Siccome la folle vogliono ubbidire e devono essere guidate sono particolarmente propense a figure carismatiche ed è per questo che nella seconda parte del libro Le Bon affronta, tra le altre cose, la figura del capo, le sue caratteristiche e le varie declinazioni. Nell’ultima parte del testo poi l’autore si sofferma sulle diverse categorie di folle: criminali, di classe, elettorali ecc.
Psicologia delle folle
è un libro da leggere per capire meglio la società di massa di oggi e come alcuni elementi legati al “politicamente corretto”, alla diffusione di notizie (bufale) e alla forza dei social network possano influenzare le persone e il sentire comune. Le Bon non offre soluzioni, ma di certo il pensiero critico e la capacità di non farsi trascinare rappresentano due buoni strumenti per resistere almeno dal punto di vista individuale. Inoltre potrebbe essere interessante applicare questo filone di riflessione ai gruppi di miliziani legati a vario modo al jihadismo globale di oggi per capire meglio il processo di radicalizzazione e il come i singoli individui vengano coinvolti nel gruppo.
Picture
0 Comments

Terrorism as a tactic

1/18/2019

0 Comments

 
I am reading different books and articles about terror campaigns, history of terrorism, and authors. What interest me is trying to understand what is terrorism and in particular whether it is a tactic or a strategy. This is not a simple research question and is not a trivial one because the answer will affect the way in which we read and understand the issue of terrorism from both an academic and a political point of view.
One interesting book on this topic is Peter R. Neumann, Michael L.R. Smith, The Strategy of Terrorism. How it works, and why it fails, Routledge, New York 2008. I have already written about it on this blog some months ago, here the post.
Then I read an older book, L. Freedman, Terrorism and International Order, Routledge, London 1986, that has a very interesting chapter written by Lawrence Freedman and titled Terrorism and Strategy that highlights important features of terrorism. First of all, the author aims at considering terrorism as a problem in military strategy, but terrorism differs from other military strategies not because it exploits violence (or its threat) in pursuit of political objectives, but “in playing on the psychology of violence. It works, not through brute force, but through the fear aroused in potential victims”. On a similar point, it is interesting another old, but insightful, analysis: Thomas Perry Thornton, Terror as a Weapon of Political Agitation (in Harry Eckstein, Internal War. Problems and Approaches, The Free Press, New York 1964) in which the author stresses what he terms the “symbolic” character of terrorist acts: “Thus, in an internal war situation, terror is a symbolic act designed to influence political behaviour by extra-normal means, entailing the use or threat of violence” (73).
Secondly, if terrorism is considered a strategy, then it “must be able to generate a particular response” using violence, however “actual violence is not necessary part of the strategy”.
Thirdly, and most important, Freedman draws a distinction that I found crucial in order to understand terrorism, and mainly modern jihadist terrorism that I consider more a kind of insurgency than a terrorist campaign. Freedman distinguishes between strategic terrorism and tactical terrorism. The former relies on terror to achieve its goal, so it thinks that this method can be decisive in itself. The latter is more frequent throughout history and employs terrorism as one of several tools.
This way to consider terrorism is the most important because it enables to link terrorism to insurgency and guerrilla warfare, and shows how the continuum of violence could evolve from low intensity violence to more open warfare. Moreover, using this dichotomy it is also possible to better understand how groups could be labeled insurgent militia in a theater of operation and terrorist group in another one. The most notorious case is the Islamic State that has been labeled terrorist group, but it was actually an insurgent movement able to conquer, even using terrorism as a tactic, vast swathes of Iraq and Syria.
In summary, in order to better understand modern terrorism and terrorism as a political phenomenon it is very useful to distinguish whether the group is just a terrorist group, that is a group that uses the strategy of terrorism and consequently is not able to control territory and has to be confronted using classic counter-terrorism tools; or the group is something else and uses terrorism just as one of its tactics when and where it could achieve its goals. In this case a complex appraoch must be adopted.
Picture
0 Comments

ISIS in Africa: intervista per Panorama

1/16/2019

0 Comments

 
Sul numero di Panorama in edicola questa settimana trovate un bell'approfondimento sul sedicente Stato Islamico a firma di Maurizio Tortorella. Dopo una prima parte dedicata al Medio Oriente ci sono due pagine dedicate alla situazione africana in cui vengo chiamato in causa e cerco fare un quadro preciso sia sulla tipologia di minaccia sia sul flusso di denaro e i vari finanziamenti che passano da lì. Buona lettura!
Picture
0 Comments

10 Conflicts to Watch in 2019

1/14/2019

1 Comment

 
The International Crisis Group published on 28 December 2018 an article that aims at highlighting the most dangerous conflicts in 2019. It is an interesting reading to bear in mind the instability of current international system, where the threats could arise, and which one could be the most serious.
However, interestingly enough, the Iraqi situation is not listed, even though the report refers to Iraq speaking about Syrian conflict. So you can have a clearer idea on what is going on in Iraq, mainly in Mosul, reading this brief, but very insightful, article written by
Rafid Jaboori for Terrorism Monitor which points out the volatile situation in Mosul where the roots of conflict, which facilitated ISIS in 2014, are still there.

Picture
1 Comment

Droni in Yemen

1/11/2019

0 Comments

 
Nel post di ieri avevo messo in luce la pericolosità dei droni negli attuali conflitti sottolineando anche come le stesse milizie irregolari potessero poi impiegare quella tattica di attacco anche in città occidentali. La BBC oggi riporta un ulteriore caso di impiego di droni da parte di combattenti irregolari e voglio segnarlo qui perché non solo dà maggiore sostanza all’argomentazione del post precedente, dimostrando quindi quanto quest’arma stia diventando pericolosa e diffusa, ma offre anche un esempio tratto da un conflitto che spesso tendiamo a dimenticare, ovvero quello nello Yemen, e in cui l’aspetto tecnologico sicuramente non ha mai giocato un ruolo centrale, anzi. Malgrado ciò l’articolo della BBC riporta come i ribelli Houthi siano riusciti ad attaccare con un drone una base dell’esercito regolare yemenita uccidendo, durante una parata a cui assistevano anche alti ufficiali, sei militari. Un’azione similare era stata tentata nell’agosto 2018 contro il presidente venezuelano Maduro. Insomma siamo di fronte a una minaccia alquanto concreta.

Picture
0 Comments

I droni di ISIS

1/10/2019

0 Comments

 
Il 9 gennaio 2019 su La Stampa il giornalista Paolo Mastrolilli ha scritto un pezzo relativamente lungo sulla sicurezza aeroportuale con particolare riferimento ai recenti casi che in aeroporti britannici hanno visto coinvolti droni che hanno messo a rischio la sicurezza dei voli. L’articolo affronta anche il problema di come questi velivoli, ormai acquistabili senza problemi e a basso costo ovunque, siano diventati una minaccia concreta anche da parte di gruppi terroristici come ISIS o al-Qaeda.
Benché non si siano ancora registrati attacchi di successo in Occidente con questa tattica, i vari gruppi di miliziani hanno in realtà una lunga storia alle loro spalle di impiego di droni per cui il rischio e la minaccia appaiono quanto mai reali. Infatti, ormai da anni si registrano attacchi e ricognizioni con l’impiego di droni da parte di milizie irregolari come lo Stato Islamico, al-Qaeda o Hezbollah e se per quest’ultimo si tratta di velivoli spesso relativamente avanzati “gentilmente offerti” dal loro sponsor principale, ovvero l’Iran, per gli altri gruppi si tratta invece di mezzi molto più rudimentali ma che riescono ugualmente a raggiungere lo scopo prefissato.
Che ISIS abbia usato i droni in Iraq e in Siria non è una novità. L’impiego di questi mezzi è stato duplice: da un lato come strumenti di attacco con bombe a mano sganciate sulle postazioni nemiche oppure lanciando direttamente il drone con esplosivo collegato contro l’obiettivo (una sorta di missile cruise a basso costo); dall’altro come strumento di ricognizione e sorveglianza in grado quindi di registrare video (magari riprendendo anche dall’alto un attacco suicida) che possono poi essere impiegati in un secondo momento come video di propaganda. Sia in Iraq sia in Siria sono poi stati scoperti vari magazzini e officine in cui le milizie costruivano i loro droni con materiali relativamente semplici: motori a scoppio di taglia erba, compensato e simili.
Uno studio americano del Strategic Studies Institute pubblicato nel 2015 (per cui non può tenere conto di gran parte delle operazioni di ISIS), curato da Robert Bunker e intitolato Terrorist and Insurgent Unmanned Aerial Vehicles: Use, Potentials, and military Implications ha anche cercato di contare l’impiego di questi mezzi da parte delle varie milizie islamiche. La tabella che trovate nello studio è particolarmente interessante poiché individua il primo tentativo di impiego di un drone da parte di una milizia, in quel caso Hezbollah, nel 2004; mentre tra l’agosto 2014 e il marzo 2015 conta quattro attacchi di successo da parte di ISIS (p. 15).
Quindi se già cinque anni fa questi gruppi avevano le capacità tecniche e operative per impiegare tali strumenti di offesa, possiamo solo immaginare l’esperienza (costruttiva, tattica e operativa) che negli anni seguenti hanno maturato, dovendo oltretutto affrontare le forze armate occidentli presenti in teatro.
Ma i dati prima ricordati si rifanno a teatri bellici, principalmente Iraq e Siria, per cui ci si potrebbe chiedere se quelle abilità e competenze possano poi essere impiegate anche in un contesto diverso, per esempio una città europea. La risposta è purtroppo sì. Possiamo immaginare un attacco con droni che sgancia
no una o più bombe su una piazza dove si sta svolgendo un concerto o un evento che richiama una massa di persone. Oppure possiamo pensare a droni che spargono materiale chimico o biologico, o ancora che colpiscono obiettivi sensibili. Per uno sguardo su possibili scenari futuri vi rimando a questo articolo che sottolinea importanti aspetti e possibili scenari.
ISIS è  stata una milizia in grado di impiegare la tecnologia moderna in modi imprevisti ed efficaci, ha utilizzato carri armati, missili contro carro, ha sfruttato le possibilità offerte dalla rete e di tutto questo ne parlo anche nel mio libro ISIS. Storia segreta della milizia islamica più potente e preicolosa del mondo. L'impiego dei droni è qu
indi una minaccia da tenere ben in considerazione sia per la facilità di reperimento dei droni sul mercato sia per la difficoltà insita nel proteggere lo spazio aereo di manifestazioni e obiettivi sensibili.


Picture
0 Comments

Terrorismi

1/9/2019

0 Comments

 
Guido Olimpio, Terrorismi. Atlante mondiale del terrore, La nave di Teseo, Milano 2018
Oggi il tema del terrorismo va sicuramente per la maggiore sia per l’impatto che gli attacchi degli anni recenti in Europa hanno avuto sui cittadini sia per via dei vari teatri operativi dove gruppi definiti come “terroristi” agiscono e operano (Iraq, Libia, Siria senza dimenticare altri meno violenti ma pur sempre dove la minaccia è reale come l'attentato di ottobre in Tunisia ha mostrato), di certo però il terrorismo, anche internazionale, non è un fenomeno nuovo (sebbene il “terrorismo” jihadista dei gruppi contemporanei abbia indubbiamente delle novità rispetto al passato). Il libro di Guido Olimpio, affermato giornalista del Corriere della Sera, serve anche per farci meglio comprendere la persistenza del fenomeno sulla scena internazionale. Il libro nasce dalla lunga esperienza maturata dall’autore su questi temi a partire dalla fine degli anni ’70 e si muove in modo molto agile e veloce tra varie esperienze politiche, epoche, personaggi e attentati.
I primi capitoli si concentrano però sul fenomeno attuale che viene ricostruito in alcuni suoi elementi centrali attraverso lo studio e la vita di alcuni terroristi. Per esempio il secondo capitolo mette in luce come molti dei radicalizzati europei conoscano poco la cultura araba e per nulla l’arabo e che quindi il motivo del loro processo di radicalizzazione va cercato più in uno spirito di solidarietà che nella fede. Inoltre dalle storie personali emergono altri due elementi centrali: il flusso di migranti è stato ripetutamente utilizzato per spostare uomini e risorse legati a gruppi terroristici; l’elemento distintivo del terrorismo è la mobilità, poiché questi personaggi si muovono liberamente sfruttando ogni tipologia di canale e possibilità. Per esempio viene ricostruita la storia personale di Salman Abedi l’attentatore alla Manchester Arena, 22 maggio 2017, che causò 23 vittime oppure quella di Anis Amri che il 19 dicembre 2016 uccise con un tir 12 persone a Berlino per essere poi intercettato e ucciso dalla polizia italiana nei pressi di Milano qualche giorno più tardi. La sua storia è emblematica poiché dopo vari atti di criminalità in Tunisia raggiunge su un barcone Lampedusa gettando prima i documenti per non essere identificato e poi dedicandosi a vari atti di criminalità fino a giungere in Germania e a cercare anche di andare a combattere in Siria. Il capitolo raccoglie altre storie personali legate ai vari attentati e non vi tolgo la suspense nel svelarvi ulteriori dettagli.
Il capitolo successivo esamina la figura del “mutante”, ovvero quegli attentatori che si radicalizzano quasi improvvisamente, come per esempio Mohamed Bouhlel, che il 14 luglio 2016 uccise 86 persone a Nizza investendole con un camion. Egli non era certamente uno stinco di santo, aveva precedenti ed era un violento, ma non aveva pregressi legati al terrorismo e gli inquirenti hanno trovato solo labili tracce del percorso di radicalizzazione. Il testo è ricco di casi e dettagli che qui non possiamo riportare per intero, ma da quei dati emerge chiaramente un nesso tra criminalità e terrorismo, che viene affrontato nel capitolo 4. Per citare solo una delle tante statistiche ricordate nel testo il 66% dei 778 foreign fighters tedeschi aveva precedenti penali, ma ogni Paese europeo ha dati similari. Le carceri quindi rappresentano un luogo estremamente importante per questi personaggi per fare proseliti, radicalizzare nuovi elementi, stabilire contatti ed è uno degli aspetti su cui sarebbe più utile riflettere nel contesto contemporaneo.
Il capitolo 5 si sofferma invece a riflettere sulla tattica del “taglia erba”, ovvero l’impiego di mezzi civili, camion, bus, macchine, per attaccare soft target come mercati, manifestazioni e simili. La prima azione di questo genere risale al 15 febbraio 2001 quando un palestinese investì con un bus quattro persone. La tattica, estremamente economica e semplice, fu poi riproposta dal giornale di al-Qaeda Inspire che offrì anche spunti per migliorarla e poi dal portavoce di ISIS, al Adnani, che invitava a usare qualunque modo, dalle pietre per spaccare le testa ai coltelli da cucina, pur di uccidere occidentali.
Meno convincenti i capitoli sui mass shooter che l’autore equipara a terroristi. Qui si aprirebbe una diatriba senza fine visto che anche tra gli accademici non c’è accordo, però dal mio punto di vista per essere terrorismo serve che l’attentatore, qualunque tattica utilizzi per colpire (perché è fuori di dubbio che le tattiche sono le stesse), deve essere inserito in una struttura formale o ideologica e quel gruppo deve avere un obiettivo politico entro cui l’attentato si inserisce.
Dopo questi capitoli ne troviamo altri che ci portano più lontano nel tempo. Per esempio scopriamo che il primo attentato dinamitardo su un aereo avvenne il 10 ottobre del 1933 e colpì un volo della United Airlines. Il testo poi mette in evidenza varie modalità operative come le mutande bomba oppure la miscela utilizzata in molti attentati anche in Europa denominata Madre di Satana. Approfondisce la figura di Al-Asiri, il bombarolo di al-Qaeda, ma anche del palestinese al-Umari che in in tempi diversi fu un vero e proprio maestro nel campo degli esplosivi.
Da segnalare poi il capitolo 12 “Il narco-terrore” in cui, prendendo il caso messicano, tema su cui l’autore lavora da tempo, si mette in luce come molte sia delle tattiche operative sia di quelle più mediatiche di ISIS, come per esempio i video delle teste mozzate, siano stati in realtà anticipate dai cartelli della droga messicani.

Il testo è di facile lettura, scorre via quasi come fosse un romanzo e ha il grande merito di mettere in luce o riportare alla memoria fatti eventi e curiosità che spesso il grande pubblico non sa o ha dimenticato. È una carrellata di attacchi, terroristi, tattiche, modalità operative che mostra come il terrorismo sia oggi molto presente ma al contempo vario e fluido nel suo modo di agire. Non cade inoltre nella trappola di considerare conclusa la parabola di ISIS, non tanto perché al-Baghdadi e i suoi sodali possano tornare alle capacità operative di qualche anno fa, ma perché le radici storiche, culturali e politiche di quel fenomeno sono ancora lì esattamente come gli uomini disposti a morire per quella causa, il che rende estremamente importante il ruolo dell’intelligence e la capacità di leggere e comprendere le varie situazioni geopolitiche da cui quei fenomeni si originano.
Picture
0 Comments

Intervista per il Corriere del Ticino

1/4/2019

0 Comments

 
Ieri pomeriggio sono stato intervistato dal giornalista del quotidiano svizzero Corriere del Ticino Osvaldo Migotto. L'oggetto della chiacchierata telefonica è stata la situazione siriana alla luce delle recenti dichiarazioni del presidente americano Donald Trump sul ritiro più o meno immediato delle truppe americane dalla Siria. Oggi trovate l'intervista sull'edizone cartacea del giornale oppure online qui: https://www.cdt.ch/mondo/politica/la-siria-che-vediamo-sulle-carte-geografiche-non-esiste-e-non-esistera-piu-HD656911

Nell'intervista ho toccato vari punti tra i quali il ruolo della Russia, la posizione americana nella regione del Medio Oriente, la situazione siriana in generale e gli obiettivi turchi poichè Ankara ha guadagnato molto dall'instabilità siriana e allo stesso tempo ha visto crescere la pericolosità dei gruppi curdi.
Picture
0 Comments

Storia delle armi

1/2/2019

0 Comments

 
William Reid, Storia delle armi. Dall’età della pietra ai giorni nostri, Odoya edizioni, Bologna 2010.

Nel mondo contemporaneo studiare il fenomeno bellico è un aspetto fondamentale per capire le dinamiche della politica internazionale. La Guerra può essere studiata attraverso le azioni sul campo di battaglia, oppure analizzandone le forme con cui si ripresenta costantemente sulla scena, o ancora approfondendo il pensiero politico e strategico ad essa correlato o anche focalizzandosi sulle sue cause e conseguenze geopolitiche; ma un vero studio sulla Guerra non può comunque prescindere da una conoscenza almeno a grandi linee delle armi con cui quei conflitti vengono combattuti. Ed è in questo senso che il testo di Reid diventa un utile strumento di approfondimento e inquadramento.
Il volume è uno studio, anche piuttosto dettagliato e puntiglioso su alcuni aspetti tecnici delle armi, sulla storia ed evoluzione delle armi che siano bianche o da fuoco. È inoltre arricchito da diverse schede tecniche che approfondiscono alcune armi specifiche come i cannoni o le varie armature e via discorrendo. Il testo è quindi un viaggio sia attraverso la storia dell’uomo, visto che la trattazione prende in considerazione anche la preistoria, sia attraverso l’evoluzione tecnica delle armi e il come guerre, conflitti e popoli scontrandosi abbiano influenzato le rispettive tecniche di costruzione migliorando progressivamente il risultato finale.
Capire come un’arma viene impiegata, dove sono i suoi pregi piuttosto che i suoi difetti diventa un passaggio essenziale per chi voglia capire come le guerre vengono combattute, come si possono vincere, o perdere, e come la tecnologia influenzi lo scontro. Tutti questi elementi sono fondamentali anche nel contesto ipertecnologico di oggi e possono essere capiti e osservati da una prospettiva storica attraverso le pagine di questo testo.
Bisogna però ammettere che il sottotitolo, Dall’età della pietra ai giorni nostri, è un po’ fuorviante, perché è vero che il testo copre tutto quel lasso di tempo (che sia chiaro non è poco e non sono molti i testi che riescono, abbracciando un arco temporale così vasto, a dare un quadro completo ed esaustivo della tematica), ma l’edizione originale inglese è del 1976. Sfortunatamente quindi il testo perde tutti gli sviluppi più significativi degli ultimi 40 anni che vista la velocità dei cambiamenti tecnologici avvenuti non è una cosa da poco.
Detto questo due punti a vantaggio del libro. Primo, l’editore proprio per colmare tale lacuna temporale ha aggiunto un’appendice che include le armi e i sistemi d’arma più moderni. Il livello di analisi non è parificabile a quello del testo, ovviamente, ma è comunque un utile strumento per aggiornare la discussione e informare i lettori, soprattutto quelli meno esperti. Secondo, il volume riesce a dare un quadro esaustivo dell’evoluzione delle varie armi dando al lettore esperto nozioni particolareggiate su aspetti specifici e a quello meno esperto un quadro complessivo entro cui poi muoversi per ulteriori approfondimenti.
Insomma chi vuole studiare la Guerra si studi anche le armi.

Picture
0 Comments

    Andrea Beccaro Blog

    My blog to share news related to International Politics and Security in the Mediterranean region. Moreover, the blog is also a tool to suggest books on terrorism, warfare, strategy, military history, political thought.

    Archives

    March 2020
    January 2020
    December 2019
    November 2019
    October 2019
    September 2019
    August 2019
    July 2019
    June 2019
    May 2019
    April 2019
    March 2019
    February 2019
    January 2019
    December 2018
    November 2018
    October 2018
    September 2018
    August 2018
    July 2018
    May 2017
    April 2017
    March 2017

    Categories

    All

    RSS Feed

Powered by Create your own unique website with customizable templates.