• Home
  • Publications
    • Books
    • Essays & Chapters
    • Books Reviews
    • Other Publications
  • Teachings & Seminars
  • Media
    • International Op-Ed
    • Media Interviews
    • L'Indro
  • Blog
Andrea Beccaro

Security and Culture

2/21/2019

0 Comments

 
We can be not interested in war, warfare, and international security, yet war, warfare, and international security are, or will be, interested in us. Unfortunately, this reality of international system, is a kind of general law of Politics and Europeans need learning it as fast as possible. However, it seems that they not only have completely forgotten such contingency, but also continue to ignore it. Recently, a couple of articles have been published that shed light on the critical situation in Germany. On Politico Matthew Karnitschnig writes a long and, for me, not surprising article focused on the poor condition of the German Army, the Bundeswher. Some examples. The government decided to scrap the army’s standard-issue assault rifle, Heckler & Koch’s G36, after discovering that the gun misses its target if it’s too hot. This is not a new issue because it dates back at least to 2015. In Lithuania, “about 450 German soldiers are stationed as part of a NATO mission to deter Russian aggression, U.S. officials were dismayed to discover Bundeswehr personnel communicating on unsecure mobile phones due to a shortage of secure radio equipment.” “Fewer than 20 percent of Germany’s 68 Tiger combat helicopters and fewer than 30 percent of its 136 Eurofighter jets could fly in late 2018.”
On War on the Rocks Ulrike Franke points out that Germans neglected foreign and security policy, however they may wish that Germany should pursue an active foreign policy and a significant role in solving international problems, crises, and conflicts. Nevertheless, they states that their country should be internationally neutral, which points to a rather naïve view about foreign policy. As a consequence, they want to continue to limit any foreign policy engagement to non-military means. This is clearly impossible since while the use of force in international politics is the last resort, it is also a crucial, key, and essential capability that enables to defend its own interests, politics, and allies. It gives credibility to foreign policy.
These two recent articles are focused on Germany, but the political situation is similar in the entire European continent. Italy, for example, has no foreign policy apart from saying “we love immigrants, and we need to host them all” or “we close our borders, we do not want any immigrants”. Both positions are incoherent and not linked to the international situation, both are not able to see a major security problem (uncontrolled immigration) as a security problem and a consequence of security international problems. Why? Because we lack a security culture. We need to return to think about Politics, Security, and we, as Italian and European, need to understand, again, that foreign policy is not an amusement park, but is an environment where force, coercion, interests play the biggest role.

Picture
0 Comments

Iran Revolution

2/9/2019

0 Comments

 
On 11th February 1979 the history of Middle East changed completely. Supporters of the Ayatollah Khomeini controlled the Iranian capital, Tehran, then the Ayatollah Khomeini declared an Islamic Republic on 1st April 1979. This revolution has been a pivotal event in the history of Iran, Middle East and to some extent to the entire international system. For Iran the revolution represented a turning point from a social, political, and economic point of view. The country was transformed from a secular monarchy with strong relations to Western countries to the first Islamic Republic. As a consequence, this showed to everyone in the Middle East that it was possible to create a State on religious ground and that spread the revolutionary ideas in the entire region. As far as the international system is concerned, Khomeini turned Iran from one of the U.S. closest regional ally to one of their greatest global enemy. It follows that United States needed to revise their entire regional strategy forcing them to a more direct engagement.
Moreover, the idea of an Islamic Revolution feared Iraqi President, Saddam Hussein, and this was one of the reasons of the Iraq-Iran war (1980-1988) that allowed Iran to develop “new” tactics that then has been crucial both to the evolution of suicide attack and to modern concept of hybrid warfare related to Hezbollah.
In order to know what has happened since then in Iran, at what cost, what is left of the ideals of the revolution, and of the generation of revolutionaries, and how the Islamic Republic has interacted with a region – and a world – that has often failed to accept its full normalization ISPI has recently published a very interesting and insightful dossier edited by Annalisa Pertheghella, The Iranian Revolution Turns Forty that aims to highlight relations with USA, Europe, China, and Middle East and to elucidate on Iran society, the meaning of the Revolution, and the Iran role in the current regional system.


Picture
0 Comments

L'esercito russo moderno, 1992-2016

2/8/2019

0 Comments

 
Mark Galeotti, L’esercito russo moderno, 1992-2016, Leg, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2018

Ormai da qualche anno la Russia è tornata a essere  un attore centrale della politica globale come dimostra il suo coinvolgimento in Ucraina, in Siria e in modo più soft in tutto il Medio Oriente. Uno strumento centrale di questo rinnovato attivismo politico a livello regionale è indubbiamente rappresentato dal suo strumento militare. Ne consegue che chi voglia capire meglio la politica odierna di Mosca deve per forza di cose passare anche dalla comprensione delle sue forze armate e di ciò che possono (e non posso) fare. Il testo di Mark Galeotti è un utile strumento in questa direzione. L’autore è un personaggio molto noto per chi si occupa di Russia, è Senior Non-Resident Fellow all'Institute of International Relations di Praga e negli ultimi anni ha scritto molto sulle forze armate russe, sul concetto di guerra ibrida russa e in generale sulla politica militare ed estera di Mosca. È dunque una voce molto interessante da prendere in considerazione per avere un quadro della situazione.
Il testo che ha scritto è sicuramente interessante e la traduzione italiana (l’opera originale è uscita per i tipi della Osprey nel 2017) va sicuramente nella giusta direzione per colmare un vuoto di conoscenze su un tema importante, come quello relativo alla forza e agli interessi di Mosca, ma ancora poco studiato o studiato da un punto di vista troppo ideologico in Italia. Più che un’analisi dell’esercito russo è una breve storia dello stesso dalla fine della Guerra Fredda fino alle prime operazioni in Siria.
Vengono così messi in luce gli enormi problemi logistici nati dal crollo dell’impero sovietico, poiché non si disponeva di sufficienti spazi per alloggiare le truppe distanziate nei Paesi ormai ex-alleati dell’Europa dell’Est e così le condizioni di vita divennero terribili. Inoltre c’erano enormi problemi di disciplina, mancanza di fondi, strutture fatiscenti e quant’altro. Infine, i conflitti politici non aiutarono di certo l’esercito in quegli anni. Il testo quindi passa in rassegna, brevemente, i vari conflitti in cui l’esercito russo è stato impiegato dal 1992 in poi. Si prende in considerazione la prima e la seconda guerra in Cecenia mettendo in luce tutti i limiti della prima ed evidenziando, invece, i cambiamenti avvenuti con Putin per la seconda. Si tocca il conflitto in Georgia del 2008 in cui i primi risultati delle riforme volute da Putin si fecero sentire, ma dove si individuarono ancora molti limiti. Proprio da questi ultimi nasce la spinta per la riforma che proprio dal 2008 ha cambiato radicalmente l’esercito russo sia nella sua struttura (si è passati da una basata sulla Divisione a una dove è la Brigata a rappresentare il mattoncino principale, anche se Galeotti mette in luce come questo mutamento non sia omogeneo e vada comunque a intaccare una tradizione di lungo corso negli apparati militari russi) sia nel suo armamento.
Molto interessante il penultimo capitolo “Forze d’intervento” in cui l’autore prende in considerazione i vari reparti russi più moderni e più adatti a operazioni rapide e in linea con la forma del moderno campo di battaglia. Si parla quindi delle VDV, ovvero le unità aviotrasportate, con un excursus storico sulla loro nascita, e operazioni, durante il periodo sovietico. Infatti furono proprio queste unità a essere impiegate per sedare le rivolte in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia (1968). Sono forze altamente addestrate e dotate anche di armamento pesante seppur in grado di essere infiltrate con aerei o elicotteri. La fanteria di Marina che non solo ha partecipato a tutte le guerre russe ma ha anche operato al largo della Somalia in funzione anti-pirateria in modo efficace seppur poco ortodosso secondo gli standard occidentali. Infine si prendono in considerazione gli Spetnaz spesso definiti truppe speciali, ma che in realtà hanno compiti leggermente diversi rispetto a quelle dei Paesi NATO per esempio.
Il testo è breve e si legge rapidamente ma, pur essendo un volume importante per approfondire la conoscenza della Russia e in particolare del suo strumento d’azione in politica estera, è fin troppo conciso. Il focus è chiaramente sul processo di riforma dell’esercito di cui vengono evidenziati i passaggi cruciali, i limiti e le ricadute, ma qualche approfondimento in più sui singoli conflitti sarebbe stato gradito. Inoltre pur citando ripetutamente la Siria nel testo manca del tutto uno studio almeno per sommi capi dell’intervento di Mosca in quella regione che rappresenta senza ombra di dubbio un test importante sia per l’esercito sia per l’armamento. La Crimea è meglio analizzata. Siccome l’autore ha anche scritto un libro sugli Spetnaz mi sarei aspettato qualcosa in più su questo corpo d’elite invece che una singola paginetta.

Il testo è comunque uno strumento utile per capire meglio il processo di ammodernamento dell’esercito di Mosca, i suoi limiti e i suoi punti di forza. Mette in luce come, malgrado le difficoltà negli ultimi anni, sia stato in grado di dotarsi di moderni sistemi d’arma e di riuscire a integrarli perfettamente nelle sue operazioni sorprendendo, da questo punto di vista, anche gli osservatori NATO. Un esempio è quello dei droni che durante la guerra in Georgia del 2008 erano tutti di importazione, mentre ora Mosca produce e impiega i suoi modelli e sta testando anche il primo modello armato.

Picture
0 Comments

    Andrea Beccaro Blog

    My blog to share news related to International Politics and Security in the Mediterranean region. Moreover, the blog is also a tool to suggest books on terrorism, warfare, strategy, military history, political thought.

    Archives

    March 2020
    January 2020
    December 2019
    November 2019
    October 2019
    September 2019
    August 2019
    July 2019
    June 2019
    May 2019
    April 2019
    March 2019
    February 2019
    January 2019
    December 2018
    November 2018
    October 2018
    September 2018
    August 2018
    July 2018
    May 2017
    April 2017
    March 2017

    Categories

    All

    RSS Feed

Powered by Create your own unique website with customizable templates.