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Andrea Beccaro

Julien Freund e la Talassopolitica

10/30/2018

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Sul numero 02/2018 di Rivista di Politica possiamo leggere un’interessante coppia di articoli: Ernesto C. Sferrazza Papa, Topolitiche del Conflitto. A partire dalla traduzione italiana di La thalassopolitique di Julien Freund e appunto La talassopolitica. Spazio e tempo della politica nell’era tecnologica. Il perché questi saggi siano oggi importanti è presto detto: la politica del XXI secolo è dominata da un mainstream mediatico e accademico in cui dominano temi quali cooperazione, organismi sovranazionali oltre che concetti, come diritti umani e interventi umanitari, che in linea teorica dovrebbero appartenere a tutta l’umanità senza distinzione; la realtà però è che la politica internazionale non può prescindere da due elementi centrali, ovvero il Tempo (la Storia) e lo Spazio (la Geografia). La riflessione di Freund va appunto nella direzione di analizzare il nuovo (il testo è del 1985) spazio politico in connessione con la tecnologia.

Il breve lavoro di Freund nasce come postfazione della traduzione francese di Land und Meer di Carl Schmitt e quindi si inserisce in un dibattito politico e filosofico ben preciso che ruota intorno al concetto di geopolitica. Freund condivide con l’autore tedesco sia la natura conflittuale della politica identificabile nel nesso amico-nemico, sia l’idea che la storia umana possa essere interpretata come una lotta tra due diverse tipologie di potenze: continentali e quindi telluriche i cui elementi centrali sono lo Stato e la sovranità; marittime che sono mobili e più fluide. In questa interpretazione spaziale della politica internazionale Freund pone poi l’accento su due considerazioni centrali: il ruolo degli Oceani e in particolare dell’Oceano Pacifico è centrale; l’emisfero Sud sta aumentando il suo peso relativo. Ne consegue che il ruolo dell’Europa è destinato a declinare sempre più visto che è l’unico dei continenti a non avere uno sbocco sul Pacifico. In questo contesto acquisisce quindi un ruolo centrale la talassopolitica, ovvero il pensare le forme della politica partendo dalle loro manifestazioni su uno spazio oceanico (il che esclude quei casi storici di potenze marittime legate però a mari interni come il Mediterraneo).
Vi è un altro elemento della riflessione di Freund da prendere in considerazione, ovvero il ruolo della tecnologia. Infatti, se sulla terraferma è possibile muoversi e spostarsi senza l’uso della tecnologia, negli oceani ciò diviene semplicemente impossibile e dunque è il progredire della tecnologia che ha portato l’Oceano ad acquisire il ruolo centrale che Freund gli riconosce. L’autore francese fa però un ulteriore passo in questa direzione, poiché afferma che con il sottomarino nucleare si è rovesciato il tradizionale rapporto tra terra e mare, ovvero ora è la terra alla mercé del mare perché con il sottomarino nucleare, in grado di operare in modo indipendente senza bisogno, quasi, di rifornimenti, viene meno anche la centralità delle basi terresti per il controllo dei mari e soprattutto minaccia direttamente la terra con i suoi missili e con l’elemento sorpresa che è innato nell’arma.
È dunque la talassopolitica, insieme alla tecnologia, a dover essere presa come elemento centrale per lo studio della politica internazionale. La geopolitica rimarrà importante, ma per i rapporti interni alle singole regioni, mentre a livello globale serve ragionare in termini appunto di talassopolitica.

Freund è un autore relativamente poco noto in Italia, anche se sono disponibili in italiano varie opere (qui un interessante trittico scritto da Campi per inquadrare l’autore e il suo pensiero sulla guerra), ma questa sua riflessione seppur appartenente ancora al periodo della Guerra Fredda ci appare molto utile per almeno due ragioni principali. Primo, pone al centro della riflessione politica il problema degli spazi e quindi della geografia. Troppo spesso nella politologia contemporanea e negli studi sulla politica internazionale si concede spazio a statistiche, dati e riflessioni etico-morali senza prendere minimamente in considerazione gli spazi politici e geografici dove le azioni si svolgono. In realtà lo Spazio influenza profondamente la Politica ed è un elemento da prendere sempre in considerazione, specie se, come oggi, quegli spazi politici stanno mutando radicalmente. Secondo, riflette sui grandi mutamenti politici e tecnologici che influenzano il nostro mondo e offre interessanti spunti sul tema dell’irregolare, ovvero il partigiano, rispetto agli oceani e quindi emerge come il terrorista di oggi sia come la figura del pirata più che del corsaro, il quale seguiva direttive di uno Stato.
Una lettura interessante che aiuta a comprendere meglio gli Spazi della politica internazionale del XXI secolo.

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Mediterranean Security Update

10/27/2018

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Iraq. Despite the media silence Iraqi forces continue to battle aginst ISIS, on 20 they dismantled 40 positions belonging to the terrorist group in the eastern Diyala province. Two militants were also killed during the security swoop. On 24 at least six people have been killed and 30 others wounded in a car bomb blast south of Mosul. A vehicle packed with explosives was parked near a restaurant and a crowded market area in the northern Iraqi town of Qayyara. As far as the interna politics is concerned on 25 the Iraqi parliament approved 14 new cabinet ministers proposed by prime minister-designate Adel Abdel Mahdi, even as key portfolios such as defence and interior affairs remained unassigned. Among those given the green light are Thamer Abbas Ghadbane in the crucial ministry of oil. He previously held the portfolio in 2004 and 2005. In the finance seat is Fouad Hussein, who has close ties to the autonomous region of Kurdistan. For foreign affairs, Abdel Mahdi has proposed Mohammed Ali al-Hakim, a former ambassador to the UN, and for electricity, Louai al-Khatib, a respected researcher in the energy field. Parliament will reconvene on November 6 to decide on the remaining ministries. The day after Iraq’s new Prime said that his country would decide whether helping to enforce US sanctions on its neighbour Iran is in its own interest, an apparent rebuke of his predecessor’s approach. Abdul Mahdi has said these new US sanctions put Baghdad in a tight spot, as Iraq's economy is linked closely to Iran.

Libya. The Hungarian Ambassador to Libya Bela Marton revealed on 22 the existence of a program with the Ministry of Interior to train police officers in Hungary, stressing his country’s readiness to provide support in the military field. On a regional perspective, Libya is preparing to participate in the fourth ministerial meeting with Sudan, Chad, and Niger, which will be held in the Chadian capital N’Djamena on 31. The meeting will focus on reinforcing security along the common borders of the four countries. The attendees will also discuss combating terrorism, rebel movements, human trafficking, drugs, and trans-border crimes, as well as development projects in border areas, according to the same source.

Algeria. Algerian authorities arrested on 22 19 people with links to al-Qaeda. The operation was carried out in the Tissemsilt province. Meanwhile the Algerian Army has mounted a major operation along the country borders to truck down terrorist group and criminal activities.

Russia focus. On 21 Russian Foreign Ministry, Sergej Lavrov said that his country is ready to cooperate with France in the field of anti-terrorism. He stated that the two countries already have established secret contacts regarding Syria where they collaborated for some humanitarian operations in Ghouta.

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L'importanza della Storia

10/25/2018

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In questi giorni in Italia si fa un gran parlare di alcune decisioni della commissione Serianni sull’eliminazione del tema di Storia dalla maturità. La risposta degli storici italiani non si è fatta attendere, ha raccolto migliaia di like e condivisioni sui social e ha sottolineato, nelle parole di Fulvio Cammarano, professore di Storia contemporanea all’università di Bologna, come la storia faccia “parte del presente, e senza la consapevolezza di ciò che è accaduto non daremmo un senso alla nostra scena politica e sociale”. Che in Italia la Storia sia da tempo bistrattata e ignorata non è certo una novità e a ulteriore conferma che nel nostro Paese il sapere storico sia del tutto marginalizzato dobbiamo ricordare la recente polemica relativa al nuovo libro di Antonio Scurati. Ernesto Galli della Loggia ha evidenziato un’enorme quantità di errori (anche se sarebbe meglio dire falsi) storici sparsi per tutto il libro dalla data sbagliata della battaglia di Caporetto (per la cronaca 24 ottobre-12 novembre 1917); all’accusa a Salandra di aver causato 6 milioni di morti (confondendo evidentemente i conflitti mondiali e dando una cifra errata per i caduti italiani durante la Prima guerra mondiale, per l’Italia furono 650.000 circa di militari caduti più quasi 600.000 i civili, la somma quindi è ben al di sotto di quella indicata da Scurati); al fatto che nel 1846 lavorassero al Teatro alla Scala degli elettricisti (la lampadina elettrica fu brevettata nel 1875 e solo in quegli anni si crearono le prime centrali elettriche). Queste castronerie dimostrano una pericolosa mancanza di capacità di contestualizzazione storica.
Ed è su questo aspetto che voglio soffermarmi. La Storia, lo studio del passato, la conoscenza di ciò che è successo (comprese le tanto bistrattate date) sono un elemento essenziale per capire il presente e per comprendere le dinamiche politiche e sociali che abbiamo di fronte. La Storia è uno dei due assi cartesiani, il secondo è la Geografica, essenziali per capire la Politica, i conflitti, le cause e le conseguenze. Senza la Storia si perde non solo la dimensione tempo, assolutamente imprescindibile per posizionare correttamente fatti, personaggi, idee, ma anche il legame inscindibile tra l’oggi e ciò che è stato. Le dinamiche politiche odierne hanno radici storiche individuabili (senza però incorrere nel rischio di spingersi sempre più indietro ed eliminando quindi la casualità e le scelte individuali dal quadro storico complessivo) che vanno studiate, comprese e capite per poter avere una visione complessiva del problema. Non solo, l’esempio tratto dalla Storia ci è utile per capire come alcune scelte di oggi possano portare ad alcune conseguenze piuttosto che ad altre, pur senza esagerare nella comparazione poiché nulla è già scritto.
La Storia è l’antidoto migliore, probabilmente l’unico, che possa mettere un freno al flusso di fake news che oggigiorno dominano i media, anche quelli più “prestigiosi”. Solo chi sa inquadrare un problema da un punto di vista storico riesce a “fiutare” una bufala pur non essendo un esperto di quel campo.
Un esempio concreto? Eccolo qui. Il giorno 24 ottobre 2018 l’onorevole Antonio Tajani, che secondo la pagina di Wikipedia ha frequentato il Liceo ginnasio Torquato Tasso di Roma e si è laureato in giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma oltre a essere vice presidente di Forza Italia e presidente del Parlamento europeo dal 17 gennaio 2017, ha avuto un battibecco con Nigel Farrage, leader dello Ukip (UK Independence Party) fino al 2016 ed eurodeputato dal 2009. Oggetto del contendere il ruolo storico dell’EU nei confronti delle dittature del XX secolo e in particolare del nazismo e del comunismo. A 0:24 del video l’on. Tajani dice testualmente “queste due dittature sono scomparse grazie all’Unione Europea”. Ah sì? Facciamo una piccola lezione di Storia. L’Unione Europea così definita nasce dal trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, dall’avvento della valuta unica (2002) e dal successivo trattato di Lisbona (dicembre 2007). Il processo di integrazione europeo in chiave puramente economica iniziò molto prima, negli anni ’50 del XX secolo: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951), Comunità Economica Europea (CEE, Trattati di Roma nel 1957) e Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA, Trattati di Roma nel 1957). Viste le date, possiamo fare un paio di considerazioni. Primo, l’esperienza storica del nazismo si concluse l’8 maggio 1945 con la firma della capitolazione tedesca, ovvero 10 anni prima dei Trattati di Roma e ben 50 anni prima di quello di Maastricht. Seguendo la logica dell’on. Tajani allora potremmo anche dire che l’EU ha impedito il riemergere dell’Impero romano. Non si possono confondere due epoche diverse. E infatti, e questo è il secondo punto, fa bene l’on. Farrage al minuto 1:40 a sostenere che il nazismo fu abbattuto grazie ai militari americani e del Regno Unito, non a fantomatici soldati dell’EU (che nemmeno ora ha una minima parvenza di forza armata per abbattere anche la più insignificante dittatura del mondo).
L’on. Tajani incassa il colpo sul nazismo e quindi sposta l’attenzione sul comunismo dicendo che “la dittatura comunista ha finito la sua stagione quando molti Paesi dell’est Europa sono entrati a far parte dell’Unione Europea” (minuto 2:46). Qualche altra data. Il crollo dell’impero sovietico avvenne nel biennio 1989-1991: prima con il crollo del Muro di Berlino (9 novembre 1989 con il processo di unificazione delle Germanie completato il 3 ottobre 1990 e con altre azioni di protesta in Polonia e Romania) e poi con la fine ufficiale del’URSS (26 dicembre 1991 quando venne ammainata la bandiera rossa sul Cremlino). Basta fare un confronto con queste date e quelle ricordate prima per vedere che di nuovo l’UE è nata dopo e quindi non può certo essere la causa della fine del Comunismo. Inoltre i Paesi a cui l’on. Tajani si riferisce sono entrati nella UE ben dopo la fine dei regimi dittatoriali comunisti. Infatti, solo dal 1º maggio 2004 entrano a far parte dell’unione ex Paesi del blocco sovietico come l’Ungheria, la Polonia, la Slovacchia (separatasi pochi anni prima dalla Repubblica Ceca), la Lettonia, l’Estonia, la Lituania, la Repubblica Ceca e la Slovenia (che all’epoca della Guerra Fredda faceva parte della Jugoslavia la quale non era ufficialmente parte del blocco sovietico ma era comunque guidata dalla dittatura comunista di Tito). La Romania e la Bulgaria entreranno nel 2007 mentre nel 2013 sarà il turno della Croazia. Siccome i primi Paesi a entrare nell’UE lo fecero ben 13 anni dopo la fine dell’URSS, come può essere che il comunismo sia finito con la loro adesione all’EU? Semplice non si può, anche perché il comunismo venne abbattuto da tre concomitanti fattori che nulla hanno a che fare con l’UE. Primo, la potenza nucleare americana che con l’amministrazione Reagan innalzò il livello dello scontro con l’URSS al punto che quest’ultima dovette cedere riconoscendo, attraverso i trattati sul nucleare, la sua posizione non più di primo piano (dove era l’UE all’epoca? Dove sono le sue forze di deterrenza nucleare?). Secondo, il ruolo centrale della NATO in quanto alleanza a difesa dell’Europa occidentale in contrapposizione con il Patto di Varsavia dell’Europa Orientale (dov’era in tale quadro l’esercito dell’UE che si contrapponeva al comunismo?). Terzo, il crollo dei comunismi fu frutto anche di una struttura economica interna che semplicemente non poteva reggere.
L’on. Tajani poi dice “io credo che voi [Farrage e altri] abbiate il dovere di rispettare le posizioni di tutti” (minuto 3:10), questo è vero ma manipolare la Storia, falsificarla ai propri scopi, distorcerla o inventarla di sana pianta come ha fatto l’on. Tajani non è una posizione da rispettare, bensì è ignoranza della storia, mancanza di conoscenza dei fatti o al peggio propaganda europeista.
Infine, un capolavoro del senza senso logico. Minuto 3:45 “se sono stati garantiti 70 di pace in Europa dopo le due orribili dittature, questo lo si deve soprattutto all’Unione Europea”. Ripetiamo l’Unione Europea nasce tra il 1992 e il 2007 quindi, ben che vada, ha 26 anni, non ha garantito la pace che fu invece garantita dalla NATO, mentre nell’est si sono svolte svariate ribellioni contro le dittature comuniste spesso represse nel sangue (Berlino 1953; Ungheria 1956; Cecoslovacchia 1968e in quei casi dov’era l’UE?), l’UE non ha garantito la pace in Europa nemmeno dopo la sua fondazione, le guerre nella ex Jugoslavia tra il 1991-2001 ce le siamo già scordate? “Questa è la storia forse lei dovrebbe rileggerla in maniera un po’ più attenta” così si chiude il video, e in effetti questa frase l’on. Tajani dovrebbe dirsela allo specchio tutte le mattine.

Senza uno studio della Storia come sarebbe possibile capire le implicazioni di tutto ciò? Come è possibile sviluppare un pensiero critico e ponderato? La risposta è semplice quanto disarmante: non si può. Senza la Storia si entra veramente nel 1984 di Orwell, un regime dominato dal presente dove l’oggi domina su tutto e il pensiero critico non è ammesso.

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Gli attacchi suicidi

10/24/2018

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Il 23 ottobre del 1983 a Beirut vennero portati a termine due tra i primi attacchi suicidi della storia moderna usando due camion bomba per colpire separatamente gli edifici che ospitavano rispettivamente le forze americane e francesi. Circa alle 06:20 di quel 23 ottobre un camion Mercedes-Benz da 19 tonnellate si avvicinò ai cancelli della base americana che ospitava il 1° battaglione Marines. Il camion non destò sospetti finché non giunse in prossimità della recinzione dove iniziò ad accelerare sfondando le barriere di cemento. A quel punto il camion lanciato a piena velocità si schiantò contro un edificio che ospitava i militari facendo esplodere la carica esplosiva di poco meno di 10.000 chili di TNT che fece crollare l’edificio. Meno di dieci minuti dopo, un attacco similare venne condotto contro la caserma della 3a compagnia paracadutisti francese. Forse proprio perché allarmati dall’esplosione precedente, i francesi riuscirono ad aprire il fuoco contro il camioncino che si dirigeva verso di loro. L’autista venne ucciso e il veicolo si arrestò poco distante dalla loro base, ma il mezzo esplose ugualmente probabilmente perché la bomba era controllata con un telecomando. Le vittime furono: 241 Marines americani, 58 soldati francesi, 6 civili, e i due autisti suicidi.
Quegli attacchi, pur non essendo i primi in assoluto, aprirono comunque la via alla tattica dell’attacco suicida oggi così comune. Proprio per questo motivo è necessario un approfondimento per meglio comprendere sia la tattica in sé sia i conflitti di oggi.
Per ciò che riguarda quegli attacchi in Libano rimando a queste due pagine: una su al-Jazeera con alcune immagini e filmati; l’altra della CNN che ricostruisce il coinvolgimento americano in Libano in quegli anni.

Per approfondire invece il tema degli attacchi suicidi rimando invece a:
-un articolo scritto da me e dall’amico Claudio Bertolotti, Suicide Attacks: Strategy, from the Afghan War to Syraq and Mediterranean region. A triple way to read the asymmetric threats in cui attraverso il caso afghano si mettono in luce le ragioni strategiche della diffusione di questa tattica;
-al mio libro, ISIS. Storia segreta della milizia islamica più potente e pericolosa del mondo che oltre a mettere in luce l’ampio utilizzo della tattica in vari contesti da parte del sedicente Stato Islamico ho un’appendice che si focalizza proprio sulla sua storia e gli sviluppi strategici;
-D. Tosini, Martiri che uccidono. Il terrorismo suicida nelle nuove guerre, uno sguardo più sociologico ma ricco di spunti e dati sul fenomeno.

Dell’enorme letteratura inglese sul tema cito a solo titolo di esempio un paio di lavori che per ragioni diverse sono sicuramente importanti:
-Hafez M., Suicide Bombers in Iraq. The Strategy and Ideology of Martyrdom, libro del 2007 che prende in esame con molti dati i primi anni del conflitto in Iraq in cui l’attacco suicida è stato ampiamente utilizzato;
-Moghadam A., Suicide Terrorism, Occupation, and the Globalization of Martyrdom: a critique of Dying to Win, una critica a un testo molto influente di Pape che inquadra nel contesto strategico attuale il fenomeno.

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Mediterranean Security Update

10/20/2018

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Iraq. Several Iraqi government officials and activists confirmed the trend, attesting that the Badr Organization, one of the largest PMF militias, which operates in Iraq, has recruited about 30 such fighters in town of Jalaula alone. In addition, Asaib Ahl al-Haq, one of the most radical PMF groups, has recruited about 40 ex-Islamic State members in the same area, which is disputed between the Iraqi central government and the Kurds. For some ex-Islamic State fighters, it is a matter of economics. These were fighters who did not join the Islamic State out of religious fervor but rather because they needed a salary. Since Iraq, like many post-conflict societies, has no official reintegration policies, these men could not join official Iraqi security forces, so they started to look for less official alternatives. The PMF are relatively willing to let former Islamic State members join its ranks. Politically, the PMF wants to increase its influence in the Sunni-majority areas, so it needs Sunni members. From a more geopolitical point of view, given the PMF’s potential ties to Iran, its expansion into Sunni areas is worrisome to the United States and the international community. Iraqi health situation remains worrisome since on 19 October an official source from the Basra Health Department confirmed that there had been a rise in water-borne diseases, and an absence of support from the federal health ministry in Baghdad. The number of cases of poisoning from contaminated water in Basra has reached 100,000, with health officials warning of a resurgent cholera outbreak in the coming months. On 20 Iraqi forces dismantled 40 positions belonging to the Daesh terrorist group in the eastern Diyala province. Two militants were also killed during the security swoop.

Libya. The Libyan Foreign Minister Mohammed Sayala received on 14 the new European Union’s ambassador to Libya Alan Bugeja. The new ambassador stressed the need to have more cooperation between the EU and Libya, saying the High Representative of the EU Federica Mogherini told him to work on resuming the EU’s mission presence in Tripoli as soon as possible. However, the situation remains very volatile, on 15 4 Libyan fighters were killed and 12 others wounded in clashes against Chadian rebels in Umm Al-Aranib town, southwestern Libya. Local media sources said the clashes took place in Wadi Maghani area between Khaled Bin Walid Brigade and a group of Chadian rebels after last week’s abduction of 6 local residents by the rebels.

Egypt. Egyptian President Abdel Fattah al-Sisi will start a three-day state visit to Russia next Monday, 22 October, during which he will hold talks with his Russian counterpart Vladimir Putin. The two leaders will discuss “ways of enhancing distinguished bilateral relations at all levels”. Sisi will deliver a speech at Russia's Federation Council where “will be the first time for a foreign head of state to deliver a speech”. On 17 Egyptian security forces said that they have killed 450 armed fighters since the beginning of its eight-month offensive against the Islamic State of Iraq and the Levant in the Sinai peninsula. Army Spokesman Tamer al-Rifai said the large-scale operation, dubbed “Sinai 2018”, has also resulted in the dismantling of some 1,200 explosive devices and the destruction of about 1,900 vehicles and motorcycles. On 18 the Egyptian military has been boosted with the latest global armament systems, including the multirole Rafale aircraft, F-16 fighter jets, Boeing AH-64 Apache helicopters, China’s Wing Loong armed drone. The Egyptian army is one of the largest African armies that use unmanned aerial vehicles, along with Nigeria and South Africa, according to the counterterrorism and national security intelligence firm “Strategic Intelligence Service.” Wing Loong, which is armed with China’s Blue Arrow-7 laser-guided missiles, is set to detect military combat aircraft. China’s Chengdu Aircraft Industry Group first produced it in 2008.

Syria. The BBC has determined there is enough evidence to be confident that at least 106 chemical attacks have taken place in Syria since September 2013, when the president signed the international Chemical Weapons Convention (CWC) and agreed to destroy the country’s chemical weapons stockpile. Panorama and BBC Arabic examined 164 reports of chemical attacks alleged to have happened since Syria signed up to the CWC just over five years ago. The BBC team determined that there was credible evidence to be confident a chemical weapon was used in 106 of those 164 incidents. The highest number of reported attacks took place in the north-western province of Idlib. There were also many incidents in the neighbouring provinces of Hama and Aleppo, and in the Eastern Ghouta region near Damascus, according to the BBC’s data. On 14 the main border crossing between Jordan and war-torn Syria is to reopen for the first time in three years. The Jaber crossing, known as Nassib on the Syrian side, was a key route for Middle East trade before Amman closed it after the post was overrun by rebels and sealed in April 2015. The reopening comes after Syrian government troops retook their side of the crossing in July under a deal with rebel fighters brokered by Moscow. The crossing was a key link not only for direct trade between the neighbouring countries but also for longer-distance transit, which was a signficant source of revenue. On 19 Syrian President Bashar al-Assad met representatives of Russia’s foreign and defence ministries in Damascus to discuss the development of the situation in Syria.

Russia Focus. Russian Foreign Minister Sergei Lavrov said on 13 that his country was eager to work with Egypt to boost airline security. Russia halted civilian air traffic to Egypt in October 2015 after militants detonated a bomb on a Russian Metrojet flight departing from the tourist resort of Sharm el-Sheikh, killing all 224 people on board. Since then Egypt has allowed Russian experts to inspect its airport security arrangements several times and the two countries have signed an agreement covering civil aviation security. Flights between Moscow and Cairo resumed in April, but Egypt hopes to secure the return of Russian flights to its Red Sea resorts. Then on 20 Vladimir Putin affirmed that Russia will resume flights to Egyptian resorts in Hurghada and Sharm El Sheikh. Lavrov said relations between Russia and Egypt were strong, noting a $6.5 billion annual trade between the two countries. Russia last year signed an agreement with Egypt to build a nuclear power plant at Dabaa and another deal earlier this year to set up an industrial zone near the Suez Canal. By early February, Russia had sent nine planes with weapons along with dozens of contractors to train Central African Republic (CAR) soldiers and secure mining projects, marking the start of its highest-profile military foray in sub-Saharan Africa for decades. Since Western nations sanctioned Russia for annexing Crimea in 2014, Moscow has signed 19 military cooperation deals in sub-Saharan Africa, including with Ethiopia, Nigeria and Zimbabwe.

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Il terrorismo nel nuovo millennio

10/17/2018

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Marco Lombardi, Il terrorismo nel nuovo millennio, Vita e Pensiero, Milano 2016

Il testo pur nella sua brevità risulta essere molto utile e interessante per inquadrare e delineare il problema del terrorismo jihadista del XXI secolo anche attraverso esempi diretti. Benché il volume cerchi di offrire uno sguardo complessivo sul terrorismo, il suo focus principale è sulla minaccia posta in essere dal sedicente Stato Islamico. L’autore, Marco Lombardi direttore del centro di ricerche ITSTIME e docente di Crisis management and risk communication presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si focalizza sull’attualità, ma non manca di sottolineare alcuni elementi più lontani nel tempo come per esempio il fatto che l’11 settembre 2001 fu anticipato dall’omicidio di Ahmad Shāh Massoūd, comandante dell’Alleanza del nord una milizia che si opponeva ai Talebani e ad al-Qaeda in Afghanistan, e che colui che portò a compimento l’azione fu un tunisino immigrato in Belgio. Quest’ultimo aspetto ci riporta proprio al flusso di foreign fighters su cui ISIS ha costruito gran parte delle sue fortune, perché la Tunisia è il Paese che ha maggiormente contribuito e il Belgio è, come sappiamo, un Paese con alti tassi di radicalizzazione e da dove sono partiti anche gli attentatori di Parigi e non solo.
Uno degli elementi distintivi di ISIS rispetto a gruppi precedenti similari è il controllo para-statale del territorio, il che rende la milizia un attore di una moderna guerra ibrida ovvero “un conflitto pervasivo, diffuso e delocalizzato” figlio della globalizzazione (p. 11). La guerra del XXI secolo non è quindi confinata a un territorio bensì è composta da azioni interconnesse che si svolgono ovunque sul globo legandosi ad attori di vario genere dai terroristi ai criminali. In questo quadro diventa centrale la comunicazione (d’altronde questo è uno degli elementi distintivi del terrorismo in genere) tanto che si potrebbe parlare di una guerra della comunicazione (p. 13).

Il primo capitolo si focalizza sul problema definitorio del terrorismo. L’autore sostiene giustamente che le attuali organizzazioni terroristiche sono flessibili, capaci di adattarsi rapidamente, ma resta il fatto che un atto, per essere etichettato come terrorismo, debba avere una motivazione politica (elemento questo fondamentale per distinguerlo da altre azioni di violenza privata) e usa gli attentati per promuovere, attraverso i media, il terrore (p. 26).
Il capitolo 2 si focalizza sul problema dei foreign fighters e della radicalizzazione in Europa e non solo. Interessante in questo quadro la riflessione che viene fatta sul concetto di zoombie che, nell’accezione qui utilizzata, deriva dal linguaggio informatico con cui si identifica un computer infettato da un virus che però rimane silente finché non viene attivato nel momento opportuno. Il terrorismo attuale sarebbe quindi organizzato in “singolarità competenti e addestrate al combattimento che si trovano in reti semi-strutturate e flessibili” (p. 33).
Il capitolo 3 torna a riflettere sul problema della guerra ibrida e offre alcune riflessioni per combatterla come ad esempio l’impiego dell’intelligence, il controllo dell’informazione, la collaborazione con i civili. Ciò di cui però bisogna essere coscienti, e non potrei essere più d’accordo con l’autore, è che non cambia la natura della guerra bensì “cambia il modo in cui le forze interagiscono e si scontrano fra loro” (p. 44). Ovvero mutano gli strumenti e anche la conformazione del campo di battaglia più urbano, da un lato, più ampio e meno delimitato dall’altro.
Il capitolo 4 si focalizza sullo sviluppo e l’organizzazione di ISIS, un tema oggi un po’ superato dagli eventi ma che però è utile per ricostruire la parabola del gruppo, che è ancora una minaccia, e per capire meglio alcuni suoi funzionamenti. Ne emerge l’immagine di un gruppo opportunistico in grado di cogliere i momenti e i luoghi di instabilità politica e sociale per radicarsi. ISIS, come gli altri gruppi simili, trova terreno fertile nei vuoti di potere ed è questo elemento che va combattuto e risolto se si vuole evitare che ISIS o altre milizie prendano piede.
Il capitolo 5 si focalizza su ciò che forse maggiormente distingue ISIS da altri gruppi similari, ovvero l’uso dei media. Il terrorismo in genere si è sempre appoggiato ai media, ma Daesh ha portato il tutto a un nuovo livello. Quasi ogni azione viene ripresa per creare poi video di propaganda da diffondere su internet che è un ottimo strumento di diffusione per fondare una comunità di credenti ampia e globale (p. 75). La comunicazione dello Stato Islamico si basa, secondo Lombardi, su alcuni aspetti centrali: uso massiccio dei social media; video per comunicare l’orrore (si pensi ai video delle varie esecuzioni e decapitazioni); diffusione di una efficace contro-narrazione; sviluppo di vari prodotti informativi come riviste, giochi, radio e tv (pp. 83-84). Il tutto è inserito in una strategia complessiva gestita da un’unica regia che ha ben chiari gli obiettivi da raggiungere attraverso quella produzione mediatica che va di pari passo alle operazioni politiche, militari ed economiche sul campo.

Il testo è agile, di facile lettura ma completo e intrigante per lo sguardo che riesce a dare sia sul fenomeno ISIS in particolare, sia sulle minacce alla sicurezza del XXI secolo più in generale con riflessioni importanti sulla guerra ibrida, le connessioni tra terrorismo e criminalità e l’impiego dei moderni mezzi di comunicazione.

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La tortura e il dolore della democrazia

10/15/2018

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Qualche settimana fa su questo blog avevo recensito il bel volume di Marco Di Giovanni, Cinzia Rita Gaza, Gabriella Silvestrini (a cura di), Le nuove giustificazioni della tortura nell’età dei diritti (Morlacchi Editore, 2017) che mira a studiare il tema della tortura nel mondo contemporaneo affrontando la problematica da diversi punti di vista e con vari percorsi di ricerca mettendo in comunicazione più discipline come la storia del pensiero politico e delle istituzioni, la riflessione giuridica, quella filosofica e politologica. Questo è il link a quella recensione. Il testo spazia da esempi storici a riflessioni più filosofiche e politologiche e tocca indubbiamente un aspetto importante della cosiddetta Guerra Globale al Terrorismo. Per questo è ora importante segnalare l'evento di sabato 20 ottobre presso il Campus Luigi Einaudi di Torino. Sarà l'occasione non solo per presentare il volume ma anche per discutere del tema della tortura nel XXI secolo e in relazione alla sua prassi portata avanti dalle democrazie. Alla discussione parteciperanno oltre ai vari autori del volume anche alcuni importanti esponenti del mondo accademico. L'incontro è aperto a tutti e nella locandina allegata trovate tutte le informazioni necessarie.
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Mediterranean Security Update

10/13/2018

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Iraq. The common narrative about conflict in Iraq and generally speaking about conflicts in the Middle East is that they have religion motivations and are rooted in the struggle between Sunni and Shia Muslims. However, according to Marwan Kabalan on al-Jazeera it is a reaction to specific modern-day events and problems. Its roots can be traced back to the failure of state-building in the Middle East and the 1979 Iranian revolution rather than centuries-old religious and political divisions. It has also been exacerbated by a set of subsequent developments, chief among them the 2003 US invasion of Iraq, the 2011 Syrian revolution, the war in Yemen and other ongoing issues. The Islamic Revolution in Iran not only put religious figures in charge of a key Middle Eastern powerhouse, but it also stirred sectarian tensions. Attempts to export the revolution to neighbouring Arab countries led to a backlash, culminating in the eight-year war between Iran and Iraq in the 1980s.

Libya. Libya’s UN-backed Prime Minister Fayez al-Serraj changed the interior minister and reshuffled other cabinet posts on 7 October in a bid to broaden his support nationwide and bolster security in the capital after weeks of clashes. In the reshuffle, al-Serraj appointed Fathi Ali Bashagha as interior minister. He comes from the western city of Misrata and is close to its armed groups, some of which took part in the Tripoli clashes. The government also named a new economy and industry minister, Ali Abdulaziz Issawi, who comes from Benghazi in eastern Libya, home to a rival administration.

Egypt. Hesham Ashmawi, an Egyptian former military officer accused of being behind a string of high-profile attacks in Egypt, was arrested on 07 October in Libya’s eastern city of Derna. The LNA published a picture of Ashmawi with blood on his face, being examined before having bandages applied. In December, an Egyptian military court sentenced Ashmawi and nine other suspected fighters to death in absentia for masterminding a string of attacks, including the 2014 targeting of a security checkpoint in Egypt's Western Desert that killed 22 soldiers. Egyptian authorities say Ashmawi heads the Ansar al-Islam network, which they link to al-Qaeda and which they accuse of an assassination attempt on a former interior minister in 2013. The arrest is also linked to the volatile situation in the Sinai Peninsula where Egypt is waging a hidden war, uprooting thousands of people as the Arab World’s largest land army attempts to strike a decisive blow against Islamic State’s deadly local affiliate. Government troops have destroyed thousands of homes, burned farmland and cut off hundreds of thousands of residents with a seven-month blockade that left shortages of food and other goods until some restrictions were lifted in September. The military launched the campaign in February on orders from President Abdel Fattah Al Sisi to use “brute force” to crush the terrorists in the aftermath of an attack on a North Sinai mosque. That attack, in November 2017, killed more than 300 people.

Turkey. Jamal Khashoggi, a journalist of The Washington Post, entered the Saudi consulate in Istanbul on October 2 to obtain a document certifying he divorced his ex-wife - never to be seen since. Turkish sources have told media outlets they believe the Saudi writer and critic was killed inside the consulate in what they describe as premeditated murder. Then Turkish media has released the names of the 15 Saudi nationals suspected of killing Jamal Khashoggi, an accusation Saudi Arabia has denied. A Turkish news source says they include an air force lieutenant and a Saudi forensics chief and autopsy expert. Several special forces officers are among the group. Moreover, the Turkish authorities have informed the United States of an audio recording documenting the murder of Jamal Khashoggi. US president Donald Trump said that Saudi Arabia appears to be somewhat involved in the assassination or disappearance of Khashoggi, noting that the US, Turkey and other countries are investigating the case.

Syria. Turkey-backed rebels have said the withdrawal of their heavy weapons from a planned buffer zone in northwestern Syria will last several days. The National Liberation Front (NLF) announced on 07 October it has begun withdrawing heavy arms from the demilitarised zone as part of an agreement between Russia and Turkey. The agreement, signed on September 17 in Sochi, aims to stave off a large-scale government assault on Idlib province, the last major rebel-held bastion in Syria, by creating a 15-20km buffer zone ringing the area. Security in the area will be overseen by Turkish forces and Russian military police, according to the deal. Moscow said the demilitarised zone would help stop attacks from Idlib on Syrian army positions and Russia’s military bases in the region. Under the deal, all rebel factions in the demilitarised zone must withdraw heavy arms by 10 October. It also requires “withdrawal of all radical fighters” from the area by October 15.

Morocco. Abdelhak Al Khayam, head of Morocco’s Central Bureau of Judicial Investigations (BCIJ), a security apparatus specialized in terrorist crimes inquiry, revealed that since 2002 Morocco has dismantled 183 terrorist cells that sought to carry out terrorist acts in the country, and prevented 361 acts of vandalism. The BCIJ arrested more than 3,129 suspects, 292 of them have a criminal record and dismantled at least 57 cells, 51 of which are connected to Daesh and six are linked to Al-Faye Wa Al-Istihlal terrorist group. Among those who were arrested, 22 were foreigners, eight of them Syrians, three Afghans, two Frenchmen, and two Turks, in addition to an Italian, a Chadian, a Guinea, as well as an Egyptian, a Lebanese, a Russian and a Tunisian. The crimes are linked to ten Belgians, five Frenchmen, and two Spaniards all of them of Moroccan origin, in addition to a French citizen of Algerian descent.

Russia Focus. Israeli Prime Minister Binyamin Netanyahu said on 07 October he would meet Russian President Vladimir Putin to discuss coordination in Syria after the accidental downing of a Russian plane led to tensions. Netanyahu said he had spoken with Putin and the two agreed “to meet soon in order to continue the important inter-military security coordination”. Putin and Netanyahu have spoken at least three times by phone since the 17 September incident. Russia and Israel set up a hotline in 2015 to avoid accidental clashes in Syria. On 10 October Russian Foreign Minister Sergey Lavrov has confirmed Russia's attendance at the international conference on Libya to be held in the southern Italian city of Palermo after receiving an invitation from Italy. Lavrov said that he discussed with his Italian counterpart the importance of resolving the situation in Libya through the national dialogue, stressing his country’s readiness to seek a solution in Libya in accordance with international rules and laws.

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Armeria Reale di Torino

10/11/2018

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Domenica 7 ottobre a Torino i musei erano gratuiti per cui quale occasione migliore per poter visitare l’Armeria Reale di Torino? Visita che avevo in programma da un po’ di tempo e che in realtà mi ha dato l’opportunità di rivedere contemporaneamente sia Palazzo Reale con la Cappella della Sindone sia il Museo di Antichità. Tutti percorsi museali interessanti, intriganti e ricchi di spunti e storia. L’obiettivo della visita però era l’Armeria e accedervi è stato emozionante sia per la cornice sia per la mole di armi, bianche e da fuoco, scudi e armature presenti. L’Armeria possiede attualmente più di 5.000 oggetti che spaziano dalla Preistoria all’inizio del Novecento, tra i quali uno dei più importanti nuclei è costituito dalle armi e armature cinquecentesche. Si passa gradualmente da armature per cavalieri del XV secolo, comprese un paio per ragazzi e di piccole dimensioni (da non confondere con una sorta di giocattolo), a varie tipologie di spade, asce, mazze, una raccolta di balestre, alle prime armi da fuoco fino ad alcuni esemplari più moderni che chiudono la raccolta. La finitura delle armi è sempre ottima e molto artistica. Da else finemente decorate si passa a teche con armi da fuoco con intarsi stupendi. Non mancano poi le curiosità da un armatura giapponese a varie armi più particolari a coltelli a serramanico a un esemplare che ricorda un “coltellino” multiuso a pistole da duello. Esemplari in miniatura di fucili e cannoni oltre che a fucili a tamburo e altre armi decisamente originali.
Una visita che consiglio a tutti, appassionati di armi e semplici curiosi, perché permette un percorso storico attraverso l’evoluzione delle armi. Piccola nota dolente l’esposizione andrebbe forse migliorata con più dettagliate descrizioni o almeno con pannelli esplicativi sull’evoluzione delle armi in grado di dare maggiore contesto e dettagli sugli oggetti esposti.

Sito Armeria: https://www.museireali.beniculturali.it/armeria-reale/
Visita virtuale della collezione: https://www.museireali.beniculturali.it/collezione-on-line/?tax=esps-sezione-museale&term=armeria-reale

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Mediterranean Security Update

10/6/2018

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Iraq. ISIS continues to represent a serious threat to Iraqi security. As a new study published by Jamestown shows dozens of people have been killed in a series of attacks launched by Islamic State north of Baghdad over the past few months. The recent surge in IS activity indicates that the group is now pursuing its old hit-and-run tactics in Iraq, and serves to illustrate how IS could exploit the divisions that remain among Iraqi factions. Since the security forces recaptured Mosul and liberated other cities and towns across Iraq (August 2017), militants found a safe shelter in the Hamrin mountains, which extends in the provinces of Diyala, Kirkuk and Saladin, where the groups is far less easy to locate and target. Example of the lingering ISIS threat is the offensive launched on 4 October by Iraq’s military in the desert regions around the Iraq-Syria border to target ISIL sleeper cells and pockets long after the group lost territory. Meanwhile, Iraq’s legislators have elected veteran Kurdish politician Barham Salih as the country’s new president. Salih is a former prime minister of the Kurdistan Regional Government and a former deputy prime minister of the Iraqi federal government. Salih was chosen on 2 October after a dispute between the two main Kurdish parties delayed the vote, eventually forcing them to choose among 20 nominees. Soon after Salih has named Shia Adel Abdul Mahdi as prime minister-designate and tasked him with forming a new government. On 5 October Yazidi activist Nadia Murad has won the Nobel Peace Prize alongside Congolese gynecologist Dr. Denis Mukwege, for their work in highlighting the use of sexual violence as a weapon of war (on this topic I suggest Carol Rittner, John K. Roth (edited by), Teaching about Rape in War and Genocide, Palgrave Macmillan, London 2016.). The first Iraqi to win the award, Murad was held captive as a sex slave for three months by Daesh militants and subjected to physical and sexual abuse. The Iraqi Ministry of Agriculture on 5 October announced that the winter crop area will be reduced by 55 per cent due to lack of irrigation water.

Libya. Derna in eastern Libya has been the scene for fierce clashes since 30 September between Derna Protection Force and the army forces led by Khalifa Haftar. Clashes renewed in Wasit Al-Blad neighborhood, where Derna Protection Force fighters are still in control as Haftar’s forces continue to encircle them. A Libya conference will be held in Sicily in November with talks focusing on an “inclusive approach” to stabilizing the war-torn north African country while not fixating on a date for elections. The peace conference in Palermo on November 12 and 13 will aim to “identify the stages of a stabilisation process”, Italian Foreign Minister Enzo Moavero Milanesi told the Senate. The United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL) documented 40 civilian casualties –18 deaths and 22 injuries – during the conduct of hostilities across Libya in last September. According to UNSMIL victims included 14 men and four boys killed, and nine men, five women, one boy and one girl injured. The sex of six other injured individuals could not be determined. UNSMIL added that it had documented civilian casualties in Tripoli (16 killed and 22 injured), Benghazi (one killed) and Warshafana (one killed).

Egypt. Islamic State announced on 2 October the death of a senior member of the group in Egypt’s Sinai peninsula dealing a blow to militants behind a wave of attacks on Egyptian military and civilian targets. The notice, published under the heading “caravan of the Shuhada” or martyrs, showed a picture of a smiling young bearded man it identified as Abu Hamza al-Maqdisi.

Syria. On 3 October Russia completed the delivery of an S-300 surface-to-air missile system to the Syrian military as part of new security measures following the downing of a Russian plane last month. It has been said it would take three months to train the Syrian military to operate the new air defence systems, while the integration of Russian and Syrian air defence assets into a single automated system will be completed by October 20.

Europe. Germany has approved arms exports to Saudi Arabia worth $295 million in contravention of the coalition government’s own rules banning the transfer of weapons to countries “directly” involved in the Yemen war. The other eight countries involved in the Yemen conflict as part of the Saudi-led alliance received arms worth $28 million from Germany in the last six months.

Russia Focus. The head of the Defence and Security Committee of the Russian Federation Council, Viktor Bondarev, said on 30 September that the number of Russian military officers’ deaths in Syria had reached 112 since the launch of Russian operations in this country. Bondarev said that the human losses of his country’s forces in Syria amounted to 112 soldiers, and that about half of them were killed by the crash of the “AN-26” aircraft and the targeting of the “EL-20” aircraft. He also pointed out that the Russian forces also lost eight planes, seven helicopters and some armoured vehicles.

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