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Andrea Beccaro

I droni di ISIS

1/10/2019

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Il 9 gennaio 2019 su La Stampa il giornalista Paolo Mastrolilli ha scritto un pezzo relativamente lungo sulla sicurezza aeroportuale con particolare riferimento ai recenti casi che in aeroporti britannici hanno visto coinvolti droni che hanno messo a rischio la sicurezza dei voli. L’articolo affronta anche il problema di come questi velivoli, ormai acquistabili senza problemi e a basso costo ovunque, siano diventati una minaccia concreta anche da parte di gruppi terroristici come ISIS o al-Qaeda.
Benché non si siano ancora registrati attacchi di successo in Occidente con questa tattica, i vari gruppi di miliziani hanno in realtà una lunga storia alle loro spalle di impiego di droni per cui il rischio e la minaccia appaiono quanto mai reali. Infatti, ormai da anni si registrano attacchi e ricognizioni con l’impiego di droni da parte di milizie irregolari come lo Stato Islamico, al-Qaeda o Hezbollah e se per quest’ultimo si tratta di velivoli spesso relativamente avanzati “gentilmente offerti” dal loro sponsor principale, ovvero l’Iran, per gli altri gruppi si tratta invece di mezzi molto più rudimentali ma che riescono ugualmente a raggiungere lo scopo prefissato.
Che ISIS abbia usato i droni in Iraq e in Siria non è una novità. L’impiego di questi mezzi è stato duplice: da un lato come strumenti di attacco con bombe a mano sganciate sulle postazioni nemiche oppure lanciando direttamente il drone con esplosivo collegato contro l’obiettivo (una sorta di missile cruise a basso costo); dall’altro come strumento di ricognizione e sorveglianza in grado quindi di registrare video (magari riprendendo anche dall’alto un attacco suicida) che possono poi essere impiegati in un secondo momento come video di propaganda. Sia in Iraq sia in Siria sono poi stati scoperti vari magazzini e officine in cui le milizie costruivano i loro droni con materiali relativamente semplici: motori a scoppio di taglia erba, compensato e simili.
Uno studio americano del Strategic Studies Institute pubblicato nel 2015 (per cui non può tenere conto di gran parte delle operazioni di ISIS), curato da Robert Bunker e intitolato Terrorist and Insurgent Unmanned Aerial Vehicles: Use, Potentials, and military Implications ha anche cercato di contare l’impiego di questi mezzi da parte delle varie milizie islamiche. La tabella che trovate nello studio è particolarmente interessante poiché individua il primo tentativo di impiego di un drone da parte di una milizia, in quel caso Hezbollah, nel 2004; mentre tra l’agosto 2014 e il marzo 2015 conta quattro attacchi di successo da parte di ISIS (p. 15).
Quindi se già cinque anni fa questi gruppi avevano le capacità tecniche e operative per impiegare tali strumenti di offesa, possiamo solo immaginare l’esperienza (costruttiva, tattica e operativa) che negli anni seguenti hanno maturato, dovendo oltretutto affrontare le forze armate occidentli presenti in teatro.
Ma i dati prima ricordati si rifanno a teatri bellici, principalmente Iraq e Siria, per cui ci si potrebbe chiedere se quelle abilità e competenze possano poi essere impiegate anche in un contesto diverso, per esempio una città europea. La risposta è purtroppo sì. Possiamo immaginare un attacco con droni che sgancia
no una o più bombe su una piazza dove si sta svolgendo un concerto o un evento che richiama una massa di persone. Oppure possiamo pensare a droni che spargono materiale chimico o biologico, o ancora che colpiscono obiettivi sensibili. Per uno sguardo su possibili scenari futuri vi rimando a questo articolo che sottolinea importanti aspetti e possibili scenari.
ISIS è  stata una milizia in grado di impiegare la tecnologia moderna in modi imprevisti ed efficaci, ha utilizzato carri armati, missili contro carro, ha sfruttato le possibilità offerte dalla rete e di tutto questo ne parlo anche nel mio libro ISIS. Storia segreta della milizia islamica più potente e preicolosa del mondo. L'impiego dei droni è qu
indi una minaccia da tenere ben in considerazione sia per la facilità di reperimento dei droni sul mercato sia per la difficoltà insita nel proteggere lo spazio aereo di manifestazioni e obiettivi sensibili.


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