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Andrea Beccaro

Incognita Libia

12/6/2018

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Michela Mercuri, Incognita Libia. Cronache di un Paese sospeso, Franco Angeli, Milano 2017.

Tutti oggi sentiamo parlare di Libia perché la Libia è senza ombra di dubbio il tema più importante per la politica estera italiana sotto molti aspetti: energetico, il petrolio e il gas libico sono centrali per l’economia italiana; sociale, il flusso migratorio su cui lucrano reti criminali africane è favorito dal vuoto di potere libico; e ovviamente di sicurezza con gruppi terroristici attivi in Libia e in grado di controllare risorse e flussi di migranti oltre che di mischiarsi a questi ultimi. La questione libica è dunque un nodo fondamentale per ciò che concerne gli interessi nazionali italiani e necessita di una riflessione importante, approfondita e attenta.
In questa direzione si muove il libro di Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei, che ha due meriti principali. Primo, inserisce la questione libica nel quadro più generale dei rapporti storici tra Italia e il Paese nord africano, senza dimenticare di ricostruire la storia del Paese stesso e dei suoi legami con altre realtà politiche. Il quadro storico, in ogni analisi politica, è essenziale al fine di porre nel giusto contesto i vari problemi, individuarne cause e sviluppi e cercare soluzioni. Secondo, ricostruisce il percorso storico-politico che dal 2011 ha portato la Libia a essere un Paese frantumato, conteso da varie entità politiche (il generale Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica; Fayez al-Sarraj a capo del governo riconosciuto internazionalmente; le varie tribù) e militari (le Milizie di Misurata o dello Zitan su tutte). Il quadro che ne emerge è complesso e intricato perché va a sovrapporsi a una realtà politico sociale estremamente variegata che spesso in Occidente non si prende dovutamente in considerazione, ma che è invece cruciale nel momento in cui si voglia portare avanti un processo di pacificazione.
A complicare ulteriormente un quadro già di per sé articolato ci pensano poi gli attori internazionali come Mercuri mette giustamente in evidenza nel capitolo 5. Qui emergono chiaramente sia le cause del conflitto in Libia iniziato nel 2011 nel quadro delle Primavere arabe sia gli intrecci regionali e internazionali da prendere in considerazione per capire la situazione libica. Per quanto riguarda lo scoppio dell’ostilità l’autrice sottolinea (capitolo 4) giustamente come il caso libico fosse fin dal principio in parte diverso dagli altri teatri delle Primavere arabe per due ragioni. Primo, l’intervento di potenze esterne fu fin dall'inizio forte e determinante (si pensi al ruolo della Francia oppure quello della NATO) e mutò radicalmente le potenzialità delle forze in campo, rendendo i ribelli, improvvisamente e in modo improvvido, dei combattenti per la libertà democratica in linea con la propaganda occidentale del tempo. Secondo, a differenze delle rivolte in Tunisia, Siria, Egitto, in Libia i protagonisti dei primi sommovimenti non furono i giovani, ma spesso le tribù, soprattutto quelle della Cirenaica da sempre avversarie di Gheddafi. Entrambi questi elementi (ruolo delle potenze occidentali e lotta politica interna) sono cruciali per capire l’attuale situazione e non possono assolutamente essere messi da parte se si vuole provare a trovare una soluzione. Non solo, il ruolo delle tribù mise subito in evidenza come non si trattasse di qualche rivolta di piazza, ma come in realtà si prefigurasse fin dall’inizio una vera e propria guerra civile che, purtroppo grazie anche all’intervento occidentale, si è prontamente realizzata sul campo e che continua tutt’ora seppur con forme e attori in parte nuovi. Tuttavia il ruolo delle tribù è fondamentale, è un tassello imprescindibile della vita sociale e politica libica che non può essere accantonato, e su questo punto Mercuri torna giustamente a insistere più volte.
Il capitolo 5, invece, affronta il problema relativo al ruolo di potenze esterne alla Libia che però hanno un peso e un ruolo notevole per la politica del Paese. Viene così messo in luce il pesante coinvolgimento francese affrontato sia da un punto di vista storico, ovvero i legami tra Gheddafi e i vari presidenti francesi che portarono anche a diverse commesse militari, sia osservando gli eventi dal 2011 in poi e sottolineando dunque la volontà francese di rovesciare il vecchio regime anche per scalzare l’Italia che continuava, e fortunatamente continua, ad avere un forte controllo sulle risorse libiche. Oltre alle riflessioni sulla politica dell’ex presidente Obama, segnalo il paragrafo sulla Russia, un attore che in questi ultimi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo di primo piano nel Mediterraneo e che proprio in Libia, pur appoggiando direttamente Haftar attraverso anche l’Egitto, riesce e presentarsi come un valido partner anche per il governo di Tripoli.
Il capitolo 6 è poi dedicato ai rapporti tra Gheddafi e l’Italia a partire dal colpo di stato del 1969 fino al ruolo italiano nella guerra del 2011. Si mettono così in luce i variegati, ma storicamente solidi, rapporti economici tra il nostro Paese, e in particolar modo ENI, e l’ex colonia. Appare così ancora più grave la scelta italiana, non del tutto libera, di appoggiare l’intervento del 2011.
Il testo poi si chiude con un capitolo sulle milizie islamiche e in particolare il ruolo dello Stato Islamico che arrivò ormai a conflitto ampiamente iniziato (2014) a differenza di altri teatri mediorientale, ma questo non deve nascondere il fatto che altri gruppi jihadisti legati ad al-Qaeda fossero invece presenti fin dalle prime fasi e avessero anche origini più lontane nel tempo, ovvero gli anni ’90 quando tornarono i foreign fighters dal conflitto afghano contro l’URSS.

Il volume è indubbiamente interessante e ricco di informazioni utili per inquadrare il problema libico e indicare le problematiche storiche (ruolo dell’Italia e della Francia), sociali (spaccatura tra Tripolitania e Cirenaica in primis ma anche il Fezzan al sud oltre che le svariate tribù con interessi confliggenti) e relative a questioni di geopolitica ed energia. La ricostruzione storica anche degli eventi più recenti è utile per comprendere una situazione estremamente complessa e di difficile soluzione. Avrei forse gradito un maggiore approfondimento sulla politica italiana e sul dibattito italiano del marzo 2011, ma probabilmente su questi aspetti il materiale è ancora troppo scarno per poter arrivare a delle conclusioni che vadano oltre la cronaca giornalistica.
Il libro è dunque consigliatissimo a chi voglia capire meglio il conflitto in Libia oggi e voglia costruirsi su basi solide e non su semplice ideologia di facciata delle idee per cercare di trovare una soluzione.

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Key Events to Watch in December

12/3/2018

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December 4-5: Foreign Ministers of the North Atlantic Council will meet at NATO headquarters in Brussels. The statement of the Foreign Ministers’ April 27 Meeting reaffirmed the organization’s commitment to the development of the Afghan security and defense forces, as well as it urged the Taliban to participate in an “Afghan-owned and Afghan-led” peace process. The official program of the December meeting will be released closer to the date of the meeting. Of likely concern will be the recent naval standoff between Russia and Ukraine.

December 6: Expert are expecting a production cut to be made during the meeting of the Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC) in Vienna. This cut is predicted to stabilize the oil market which are currently “oversupplied”. On November 21, US President Donald Trump encouraged OPEC to reject output cuts and pushed for lower prices on Twitter.

December 10: Following the October 5 announcement of Denis Mukwege and Nadia Murad as Nobel Peace Prize Laureates, the award ceremony will take place on December 10 in Oslo. Mukwege and Murad will receive their Prize from the Chairman of the Norwegian Nobel Committee in the presence of King Harald V of Norway. They will also deliver lectures during the Award Ceremony.

December 10-11: The Intergovernmental Conference on the Global Compact for Migration will be held in Marrakech, Morocco. The first ever agreement on a common approach to international migration was approved by 192 countries in July (the United States, notably, boycotted the agreement). In this conference, member states will confirm their political commitment to the compact. The UN envoy for international migration, Louise Arbour, has expressed disappointment over countries like Hungary, Austria, Israel, Poland, Switzerland, and Australia dropping their support for the compact in recent months and deciding not to attend the conference. Reservations have also been expressed by Bulgaria, the Czech Republic, and Slovakia.

December 13-14: The European Council will convene with EU leaders present from December 13-14. At hand will be budgetary issues in the long-term, but also migration and the fighting of disinformation. The meeting will also see an extension of the bloc’s economic sanctions against Russia’s defense, energy and banking sectors. The sanctions were first introduced after Russia annexed Crimea. Tusk told a news conference at the G20 that “Europe is united in its support to Ukraine’s sovereignty and territorial integrity. This is why I am sure that the EU will roll over the sanctions against Russia in December.”

Early December: Peace talks to end the conflict in Yemen are scheduled to take place in Sweden early in the month of December, though some have cautioned that there’s no guarantee Saudi Arabia will take the steps needed for the talks to happen. The conflict of nearly four years between a coalition led by Saudi Arabia and Houthi rebels backed by Iran has killed around 57,000 people, according to the Armed Conflict Location & Event Data Project, a crisis mapping project. The UN has put the death toll at 10,000, but that estimate has not been updated for years. Yemen is on the brink of starvation, with 14 million lives at risk in what the UN describes as possibly the worst famine in 100 years.

More at theglobalobservatory.org/2018/11/key-global-events-to-watch-in-december-2018/

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